Scrivere. Scrivere è creare. Molti hanno questa esigenza.
Non è un obbligo, non è qualcosa che viene imposto, è piuttosto qualcosa che si
ha bisogno di fare. Penso che sia la stessa cosa per chiunque ne senta il
bisogno, perché di un bisogno si tratta, di dare qualcosa di se stessi. Non ha
importanza se quanto si scrive o si dipinge sia ben accolto o trascurato dagli
altri. Nel momento in cui si agisce, conta soltanto l’agire. Poi, se piace, se
il messaggio passa per uno e per molti, diventa irrilevante.
Non è un caso che la maggior parte degli scrittori e degli
artisti in genere, vivono nelle sofferenze economiche.
Eppure, sanno cosa la gente vorrebbe, sanno cosa piace alla
gente e, volendo, potrebbero fare ciò che piace ai molti, guadagnandosi così
una vita economica decente. Ma molti artisti non lo fanno. Preferiscono fare
ciò che sentono, ciò che emerge e non ha importanza se si raggiungerà la fama o
se si diventerà ricchi.
Spesso mi chiedo cosa sia che ci spinge a fare queste cose.
Mi chiedo a chi può servire, a cosa possa servire, perché quando libero la
mente creo queste cose, ma non ho risposta certa. Lo faccio perché è questo che
devo fare, è questo che sento dentro, senza alcuna spiegazione.
Quando scrivo, ogni cosa è del mondo, non è qualcosa di mio,
è qualcosa che prendo da qualche parte nel mondo, nel mio mondo, nel vostro mondo, nell’infinito. Creare non è un
atto, non è qualcosa da fare, è qualcosa da raccogliere, qualcosa che c’è già,
e io non faccio altro che liberare la mia mente e raccogliere ciò che è maturo.
Quando qualcuno mi dice che non sa fare niente di artistico,
rimango stupito, perché sono convinto che tutti hanno questa finestra aperta
dentro di se. Sono convinto che ognuno di noi abbia la visione di qualcosa e il
sentimento per esprimerla. Queste persone non hanno mai tentato di fare ciò che
avrebbero voluto, e se lo hanno fatto, lo hanno fatto male. Quando si fa
qualcosa di particolare, specialmente all’inizio, si cerca una risposta in
qualcuno tra i nostri amici o parenti, e spesso questi, ci stroncano, non per
cattiveria, ma perché non capiscono il messaggio. Tanti anni fa, quando ho
cominciato a scrivere, lo facevo su un’agenda. Spesso erano poesie, a volte
dissertazioni su qualche argomento, e quando li facevo leggere a qualche amico,
ne ricevevo ironiche risatine, come a dire, ‘ma cosa vuoi fare se non hai fatto
nemmeno le scuole!’
Questo mi imbarazzava, ma non mi ha mai tolto il desiderio
di continuare.
Non ho dedicato la vita alla scrittura, ma sicuramente ho
letto per tutta la vita. Ho studiato in proprio, ho scoperto mondi, persone,
arti, artisti e ho badato molto alla mia crescita interiore pur non avendone i
titoli ufficiali. Ho viaggiato
attraverso mondi meditativi, ho scoperto cose, in me, che non ho modo di
esprimere, e ho conosciuto Saggi che mi hanno aiutato ad aprirmi a me
stesso. E non c’è una fine a questo.
Ecco, forse il modo migliore per descrivere un artista, in
qualsiasi settore, è proprio questo: la coscienza che non c’è mai una fine, ma
solo cambiamenti. L’artista lo sa. Per questo non ha problemi se vende o non
vende un suo prodotto, perché non è un prodotto, è il raccolto della propria
esistenza.
Chi vuole averla deve dare qualcosa in cambio, e questo è
necessario non per il denaro, ma perché se non si da niente, rimane un debito
aperto. Un debito che può essere materiale, se chi lo contrae ritiene di averci
guadaganto, o un debito spirituale, se chi lo contrae ritiene di potersi
migliorare. E i debiti devono essere pagati in qualche modo, perché nella
nostra dimensione è imposto dalla legge del karma.
L’importante è avere equilibrio. Non chiedere mai più del
dovuto e non offrire mai più del possibile, perché a volte, alcune cose, non
sono pronte per essere divulgate.
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